La competizione di chi non compete
Nov 21, 2022Dalla competizione alla co-opetizione
Il team di cui fai parte al lavoro o per un hobby o passione, si comporta da tigre o elefante? Utilizzo spesso il modello Value Net Model nei miei percorsi di coaching e formazione per team e leader, e la prima e più spontanea risposta che mi viene data, senza riflettere troppo, è
«Siamo tigri, per vincere, dobbiamo agguantare la preda al collo e non mollarla più».
E' naturale sentire il desiderio di vittoria scorrere nelle vene: come esseri umani per sopravvivere, troppe volte, purtroppo o per fortuna, abbiamo dovuto e dobbiamo sconfiggere qualcun altro. Che tristissima verità. Esiste una possibilità di co-esistere in maniera sostenibile? È ciò su cui ci si interroga da molto tempo a livello globale con l’ambizione di risolvere i grossi problemi che abbiamo causato al nostro pianeta. Ognuno a tirare l’acqua al proprio mulino, come sempre.
Com-petizione = vincere insieme
Eppure, di per sé il termine competizione ha un significato estremamente positivo, se tu vinci, vinco anch’io. L’ho appreso una quindicina d’anni fa da una giovane donna. La incontravo ad ogni gara di corsa in montagna, alla partenza, lungo il percorso e all’arrivo. Eravamo nella pancia della classifica, senza infamia e senza lode, a volte era lei a superarmi e lasciarmi dietro di sé per qualche minuto o una manciata di interminabili secondi, altre volte io. Un confronto vissuto con allegria e tanta voglia di vincere che, nel nostro caso, assumeva un significato diverso, era solo un «questa volta arrivo prima io». Le altre erano troppo distanti per pensare a loro, troppo forti per il nostro livello, ma un esempio da seguire.
“Definirsi è limitarsi” e né io né Simona ci siamo mai definite attraverso le nostre vittorie o a causa delle nostre sconfitte. Ogni errore per noi era un errore perfetto.
Nonostante ora non ci si frequenti più, con lei ho condiviso alcuni dei momenti più significativi della mia vita sportiva. Durante quelle intense giornate di fatica, sudore e qualche spiacevole infortunio ho forgiato il mio carattere, il mio mindset. Essere in competizione significa vincere insieme, mi disse un giorno Simona all’arrivo.
La realtà però è un’altra: vogliamo vincere a discapito degli altri e abbiamo trasformato un termine a connotazione positiva in qualcosa di negativo, mors tua vita mea.
Per ristabilire gli equilibri si è allora pensato di introdurre il concetto di “coopetition”, la “coopetizione”. Il termine, alquanto datato, venne impiegato agli inizi degli anni ’90 da Ray Norda per identificare il modus operandi dell’azienda di cui era amministratore delegato. Essere in coopetition significa trovare con i nostri avversari o competitor una parziale convergenza di interessi comuni. Sono moltissimi gli esempi di questo approccio nel mondo del business, chi lavora in questo modo, trovando un terreno comune sul quale costruire insieme ad un concorrente qualcosa di buono in ottica win-win si comporta da elefante, e non certamente da tigre.
Non fanno forse questo i ciclisti quando pedalano a ruota di qualcun altro cedendo il passo a turni alterni? Riduce il dispendio energetico e di conseguenza migliora la performance. Allo sprint finale non dovrai solo ringraziare te stesso, ma anche coloro che ti hanno permesso di risparmiare energie preziose da mettere in campo al momento opportuno. Coopetition non significa arrendersi, non indica il porgere l’altra guancia, esprime la conoscenza profonda di sé stessi e dei propri avversari. Puoi non essere d’accordo con me e sarò felice di ricevere il tuo parere in merito, tuttavia io credo che il mindset sia questo: conoscere gli avversari e lottare con loro e non contro di loro.
Lucilla Rizzini
Founder @Ellecubica , Professional Certified Coach @ICF, Direttrice del Master in Coaching
P.s. Dal libro "Prima viene il mindset. Il metodo K.A.R.M.A. per vincere ogni sfida." Puoi scaricare un estratto del libro da qui.